A Giulianova c’è Divjak, il serbo che difese Sarajevo
Al disgregamento della ex-Jugoslavia travolta da una guerra civile, Jovan Divjak era un colonnello serbo. Il 6 aprile 1992 iniziò il lungo assedio di Sarajevo durato quasi quattro anni. Per Jovan Divjak disertare le truppe jugoslave per difendere la Bosnia, sua terra di adozione, contro i nazionalismi e gli integralismi era l’unica cosa giusta da fare. Divenne il secondo ufficiale per importanza dell’esercito bosniaco e uno dei principali eroi della resistenza di Sarajevo bombardata e assediata dalle milizie dirette dal generale Ratko Mladić.
Esattamente ventuno anni dopo, sabato prossimo 6 aprile, il Comune di Giulianova ospiterà per la rassegna “Emergenze Mediterranee” il generale che nonostante le sue origini serbe difese Sarajevo e l’idea che popoli diversi potessero convivere in pace. Alle ore 11 presso il Palazzo Kursaal di Giulianova (lungomare Zara), Jovan Divjak incontrerà anche i ragazzi delle scuole della città. L’ingresso è libero.
L’impegno civile di Jovan Divjak continua tuttora attraverso “Obrazovanje gradi BiH” (“L’istruzione costruisce la Bosnia-Erzegovina”) – l’associazione fondata da lui nel 1994 per aiutare gli orfani di guerra – ed emerge con forza nelle pagine di Sarajevo mon amour, il libro pubblicato nel 2004 in Francia e poi tradotto in Italia nel 2007 per Infinito Edizioni.
«Vivo da 40 anni nello stesso quartiere, a Sarajevo, a due passi da un’antica chiesa ortodossa e da una moschea del XVI secolo. E salendo appena, da casa mia, raggiungo il seminario cattolico. Prima della guerra, quest’armonia, nata dalla differenza, si ritrovava nella vita d’ogni giorno… Sarajevo m’ha aperto gli occhi. Ero stupito nel vedere una città così ricca di grandi qualità umane, soprattutto la tolleranza e la generosità», scrive Divjak nel libro.
Rivivono nel testo la guerra, le figure fosche di Milošević, Karadzić e Mladić, ma anche le contraddizioni e i voltafaccia della componente musulmana durante la guerra e i nazionalismi sorti dalla devastazione bellica. Nel libro il militare serbo che difese Sarajevo e che ha fondato la più grande associazione nazionale per aiutare gli orfani di guerra racconta le bombe, le tribolazioni dei civili, i doppi giochi dei politici bosniaci e della comunità internazionale, la miseria e il desiderio di pace del popolo.