Archivio per la categoria ‘Ritratti’
Kuzminac: «Vivo in Abruzzo, è una regione benedetta»
Alzi la mano chi tra di voi non ricorda Goran Kuzminac, il cantautore di origini serbe che cantava “Tempo” o, insieme a Ron e Ivan Graziani, “Una canzone senza inganni”. Vive da anni in Abruzzo, nei pressi di Cellino Attanasio, in una modesta ma bella casa di campagna da cui si scorgono insieme mare e montagna, e di recente ha inciso un disco jazz. Da qualche anno, Kuzminac – che è laureato in medicina – si occupa anche di musicoterapia a sostegno dei malati psichiatrici e delle persone con problemi di anoressia. Dal 2009 collabora con l’ospedale psichiatrico “Villa dei Fiori” di Roma. Inoltre si sta specializzando alla Scuola di musicoterapia di Assisi dove è lo studente più anziano ma anche l’unico ad aver pubblicato quindici dischi e ad avere una lunga carriera alle spalle. Qualche giorno fa è stato a Crema, ospite del Centro medico specialistico “Medicina domani”, per parlare della sua esperienza e per avviare un nuovo progetto di musicoterapia. Ma l’intervista è partita da lontano.
«La danza è una terapia che avvicina all’infinito»
I successi come danzatrice in Italia e successivamente in Germania, le esperienze come coreografa e docente, la frenetica attività di organizzatrice di eventi e, più di recente, la direzione di ACS Abruzzo Circuito Spettacolo. Eleonora Coccagna è fiera delle tante cose fatte e, soprattutto, della sua ultima creatura: una realtà importante, riconosciuta e finanziata dal Ministero per i beni culturali per il settore danza, che distribuisce e promuove spettacoli dal vivo nel territorio abruzzese e molisano abbracciando anche musica e teatro. Il progetto ACS nasce in seno al Teatro Spazio Electa, unico centro regionale di residenze stabili per la danza, la cui insegna gigante è nota non solo ai teramani che gettano lo sguardo sulla collina di Colleparco attraversando ponte San Gabriele, ma anche a tutti i coreografi, i ballerini, gli attori, i musicisti e gli spettatori dei tanti eventi che lo spazio in questi anni ha ospitato.
«Il mio motto? Il secondo è il primo dei perdenti»
Prima di diventare un preparatore, è stato per due anni atleta nelle Fiamme Gialle. E quest’anno festeggia i trent’anni di attività in qualità di tecnico di atletica leggera. Basket e atletica, il binomio della sua vita. Nella bacheca dei ricordi più belli di Claudio Mazzaufo, figurano il doppio salto della Teramo Basket (dalla serie B2 alla serie A1) conseguito con la società guidata da Carlo Antonetti nel 2003 e la vittoria di Andrew Howe ai campionati Europei di Goteborg nel 2006. Risultati che, senza la sua determinazione e le sue capacità, forse non si sarebbero ottenuti. Ma per raccogliere l’infinito curriculum del prof Mazzaufo, ci vorrebbe un libro intero. Una breve navigazione su Internet vi leverà la curiosità. Noi abbiamo voluto scoprire l’uomo. Eccone un breve ma sincero ritratto.
Tutto iniziò con una valigia piena di pubblicità
Si chiama Gabriele Di Donato e fa il copywriter da dieci anni. Ha lavorato a Milano, Roma e Torino (dove attualmente è al servizio di “Armando Testa”) per alcune delle principali aziende pubblicitarie italiane. Ha firmato campagne importanti e vinto premi in Italia e all’estero. Nel suo campo, inizia ad essere conosciuto. Non tutti sanno, però, che è nato a Teramo e qui torna, quando può, dalla sua famiglia. Lo abbiamo intervistato per capire il suo percorso, le sue scelte, i suoi gusti e il suo lavoro. E abbiamo scoperto che, per realizzare il suo sogno, partì da Teramo con una valigia piena zeppa di pubblicità finte. Un portfolio di proposte per grandi marchi, reinterpretate secondo i suoi gusti, che poi sottopose a grandi agenzie. Fu così che, almeno inizialmente, conquistò la fiducia dei suoi primi datori di lavoro.
Il medico con la passione della velocità in montagna
Non sono molti i professionisti che, completato il turno di lavoro (di solito senza orari), continuano a mettersi a disposizione degli altri. Gratis, naturalmente. Uno di questi è Amedeo Pancotti, primario di Oncologia a Teramo e presidente di “Hozho”, un’associazione di volontariato di Ascoli Piceno che si occupa di donne operate al seno. Merito forse del suo sangue mezzo marchigiano e mezzo abruzzese (da parte di madre) se non riesce a stare fermo un minuto. Tra le sue grandi passioni, le corse d’auto in montagna. No, non il rally: stiamo parlando di un’altra cosa. Immaginate di prendere un bolide da 500 cavalli e di farlo salire su una serie di stretti tornanti a più di 200 all’ora ed avrete, forse, una vaga idea di cosa sia la “velocità della montagna”, quella che il nostro pratica.
«Il Vate? Potrebbe essere il testimonial dell’Abruzzo»
Enrico Di Carlo è un giornalista, dunque un collega. Ed è anche uno studioso esperto di Gabriele d’Annunzio, di cui ha pubblicato vari volumi. Due circostanze che ignoravo quando, esattamente venti anni fa, mi aggiravo tra gli scaffali della biblioteca dell’università di Teramo (dove il nostro lavora) a caccia di manuali di diritto penale, criminologia, medicina legale e bioetica.
Ma erano altri tempi e le piacevoli chiacchierate che, nelle rare pause del tour de force per discutere la mia tesi di laurea (relatore, il grande prof Guglielmo Marconi), facevo con Enrico non si tramutarono mai in un’intervista. Rimedio. Ora.
«Il Medioevo, un’età piena di luci e colori»
Berardo Pio, teramano, professore associato di Storia medievale all’Università di Bologna, è una di quelle persone che si fanno notare non perché sgomitano ma perché svolgono silenziosamente il proprio lavoro. In questo caso, si sa, il riconoscimento delle qualità straordinarie di una persona avviene più lentamente agli occhi dei più ma, quando accade, suscita piacevoli sorprese. Io ho avuto la fortuna di conoscere il professor Pio, che a 49 anni è tra i più apprezzati studiosi del Medioevo in Italia, già venti anni fa. Ero agli inizi del mio percorso professionale e “sgomitavo” – io sì – per rintracciare notizie da proporre alla redazione. Berardo Pio, all’epoca, era impegnato a Teramo sia sul fronte politico (era coordinatore provinciale del Pri) sia su quello culturale (era segretario di Italia Nostra). Ecco il risultato della nostra chiacchierata.
«La ricerca mi aiuta a tenere viva la speranza»
Daniela Di Giacomo, 38 anni, teramana, biologa. Ha lavorato anche in Francia e da poco ha vinto per la seconda volta consecutiva una delle borse messe a disposizione in Italia dalla Fondazione Veronesi per la ricerca contro il cancro. Ogni giorno parte alla volta dell’Aquila dove, presso il Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche dell’Università, conduce la quotidiana battaglia contro il male che le ha portato via entrambi i genitori, mamma Franca e papà Giacomo. Era quest’ultimo, dopo la morte della madre, a incoraggiarla a studiare: «Continua perché solo continuando si fa il pezzo», diceva. E Daniela è andata avanti, scegliendo consapevolmente l’oncologia molecolare come campo di attività. Oggi si occupa in particolare dei geni, chiamati BRCA1 e BRCA2, che sono responsabili della predisposizione ai tumori della mammella e dell’ovaio. Quelli da cui, con le sue scelte drastiche (l’asportazione dei seni e dell’ovaio) che fanno discutere, fugge l’attrice Angelina Jolie.
L’arte e la rivoluzione culturale pacifica di Appicciafuoco
Da bambino abitavo con la mia famiglia in via Stazio, palazzo Conocchioli, nel centro storico di Teramo. Sarà per questo che capisco lo scultore Marco Appicciafuoco, cresciuto a poche centinaia di metri di distanza, in via Cameli, all’incrocio con la circonvallazione, quando dice che il profilo della collina di fronte, con i suoi colori e i suoi tramonti tiepidi, lo affascinava tanto da sedurlo e solleticargli l’animo artistico. Classe 1970, amico personale di geni del calibro di Enzo Cucchi, Appicciafuoco mostra un lato umano timido che tradisce la potenza della sua capacità espressiva. Viene considerato vicino a quell’insieme di ricerche estetiche nominate “Transavanguardia” dal critico Achille Bonito Oliva. Il suo capolavoro sono i “Light Flowers”, opere dall’intrinseca luminosità (se così possiamo dire) che gli hanno regalato notorietà e fatto salire le quotazioni delle sue opere.
Cvetic: «Servono giovani che credano nell’agricoltura»
Marina Cvetic ama ripetere che «terra, vigne e cielo sono terapia di vita». Chi può darle torto? Pronunciata però dalla donna del vino, l’imprenditrice che più di tutte (e anche più di molti suoi colleghi maschi) in Abruzzo simboleggia il nettare che accompagna le nostre pietanze e si fonde con i sentimenti dell’anima, questa frase assume una valenza più profonda. Sarà perché la sua è una storia d’amore. Per un uomo, innanzitutto, e poi per il vino, la passione condivisa con lui per anni. Per amore Marina Cvetic seguì in Italia il suo futuro marito, Gianni Masciarelli, «un uomo geniale» (parole sue) che se n’è andato troppo presto. Era una ragazza. Oggi è una donna più consapevole che prosegue l’opera iniziata con il compagno, quotidianamente e con la stessa energia, come se quel legame non si fosse mai spezzato. L’abbiamo intervistata, siamo partiti dagli inizi.