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L’arte di Bruno, fabbro inventore
Ha compiuto 90 anni Bruno Di Donatantonio, ma certamente non li dimostra. Sarà quel paio di occhiali da sole dietro i quali nasconde il suo sguardo o sarà tutto merito della sua intensa vita? Bruno non è un artista, né un poeta, né tanto meno un inventore, ma semplicemente un fabbro, come si definisce lui stesso, che ha saputo trasformare il suo mestiere in un’arte inventiva poliedrica.
Bruno, com’è iniziata la tua “arte inventiva”?
«Ero il secondo di cinque fratelli e così fin da bambino frequentavo la bottega di papà Gaetano qui a Montorio al Vomano (Teramlo), dove ho imparato i primi rudimenti del mestiere di fabbro. Nel 1932, terminata l’allora scuola dell’obbligo, l’elementare, iniziai a lavorare stabilmente nella bottega paterna come apprendista. Nel tempo libero iniziai a dipingere ispirandomi alla mia Montorio o alla Bibbia».
Una storia d’amore lunga 70 anni
Crisi di coppia? Chiediamolo a Camillo Santori (91 anni) e Giovannina Baldassarre (92) che festeggiano oggi, a Penna Sant’Andrea, i 70 anni di matrimonio.
Settanta, avete capito bene. Davanti ad un’unione così longeva, come lo sono i due coniugi, lui 91 e lei 92 anni, viene da chiedersi qual è il segreto di un’unione così duratura. Sorridono con gli occhi i due sposini ma non lo rivelano.
Circondati dall’affetto dei figli Filomena, Concettina e Lucio, dai generi, dai nipoti e pronipoti, ci raccontano di un matrimonio in divisa militare, perché c’era la guerra.
A Torricella Sicura la magìa dell’Infiorata
A Torricella Sicura (Teramo) per il sesto anno consecutivo torna l’arte sacra dell’Infiorata. Nel centro storico cittadino, nella notte fra il 25 e il 26 giugno, in occasione della solennità del Corpus Domini, 250 infioratori volontari si daranno appuntamento per realizzare delle vere e proprie opere d’arte utilizzando trucioli di legno di abete bianco.
Giovani e meno giovani del posto e non solo daranno vita quasi per magia a un immenso tappeto multicolore, di 21 quadri di arte sacra seguendo il tema dell’anno liturgico.
Earth Mater ha toccato il cielo con un dito
Davide ha ancora al collo il laccio rosso che un monaco gli ha dato, insieme ai suoi compagni, a Beding. È un segno di buon auspicio, seguito ad una benedizione, che ha accompagnato l’intero team della spedizione alpinistica abruzzese Earth Mater 2011, da poche ore rientrata in Italia, dopo 18 giorni in alta quota.
Partiti dalla valle del Rolwaling a 950 metri di altitudine, Davide Peluzzi, capo spedizione, Paolo Trentini e Roberto Ferrante (medici del soccorso alpino), Federico Spada e Biagio Mengoli del soccorso alpino e Paolo De Laurentis (guida alpina), hanno attraversato ben 151 chilometri fino ad arrivare alla valle del Kumbu.
E’ partita la spedizione per l’Himalaya
Dopo due anni di duro lavoro di preparazione, è partita la spedizione alpinistica abruzzese Earth Mater 2011, che tenterà di esplorare e scalare in tre settimane una montagna senza nome nell’area Rolwaling/Everest dell’Himalaya.
La spedizione dedicata a Franco Varrassi e Gabriella Massa, rispettivamente alpinista e docente universitaria recentemente scomparsi, è venuta alla luce da un’idea di Davide Peluzzi (capo spedizione) e Gianluca Franchillucci (direttore scientifico), per proseguire le ricerche già effettuate in Artico con la Saxum Expedition 2008, premiata con una medaglia d’argento dal presidente Giorgio Napolitano quale «unica spedizione scientifico – esplorativa italiana in Artico nel IV Anno Internazionale Polare».
Le alte vie dell’alpinista D’Angelo
Da dodici anni non fa più salite, ma le ha ripercorse tutte nel suo libro autobiografico Le alte vie di una vita (Verdone Editore), uscito in questi giorni. Si tratta dell’ultima «scalata» dell’aquilotto del Gran Sasso e guida alpina emerita, Lino D’Angelo.
Classe 1921, Lino, monumento vivente dell’alpinismo italiano e memoria storica delle genti del Gran Sasso, ad 88 anni suonati si è rimesso in gioco e ha iniziato a buttar giù la sua avventurosa vita sulle «alte vie» delle diverse vette che ha scalato in oltre sessant’anni di alpinismo.
La seconda vita di Leonardo
Leonardo Orsoli, 37 anni, occhi scuri, jeans, camicia e gilet celeste. Una vita, in apparenza come tante altre, ma in realtà no. Questa è la sua seconda vita, ricominciata quattro anni fa con un trapianto di rene. Leonardo fino a 7 anni era un bambino che giocava a pallone e si divertiva in cortile, ma un giorno, senza mai accusare alcun disturbo, si ammala ai reni. Si tratta di nefrite, una parola strana per un bimbo di sette anni che non ne capisce il significato.
Inizia così il tour in vari ospedali italiani e di lì a poco la sentenza «con lo sviluppo andrai incontro alla dialisi o al trapianto».
Il Carnevale è morto, viva il Carnevale!
Se in tutto lo stivale si festeggia il Carnevale, a Montorio al Vomano (Teramo) sopravvive un caratteristico rito, unico nel suo genere, che ripropone in chiave parodistica il “funerale dei festeggiamenti”. E’ il “Carnevale morto”, una tradizione che risale alla fine degli anni Venti, nata dall’idea di alcuni giovani insofferenti del regime fascista, perciò malvista dalle autorità, e proibita dopo alcuni anni fino all’immediato dopoguerra.
La manifestazione si drammatizza il giorno delle Ceneri (9 marzo), primo della Quaresima, simulando le esequie del Carnevale, appena passato, al quale i montoriesi rendono onore con spirito burlesco e beffardo, inscenando un canovaccio di satira paesana con le maschere vestite a lutto.
Nonna Clementina, il volontariato visto a 109 anni
Nonna Clementina, abruzzese di Montorio al Vomano, testimonial d’eccezione con i suoi 109 anni (è tra i 66 italiani più longevi d’Italia), racconta nel corso di un’intervista il volontariato, ovvero la galassia della solidarietà e della fraternità. Il fiore all’occhiello dell’aiuto a chi ha bisogno, in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza. Ma che non c’era ai suoi tempi.
Com’era il volontariato, nonna Clementina, ai tuoi tempi?
“Il volontariato non si usava prima. Io non l’ho fatto mai. Eravamo egoisti chissà. O forse ne avevamo bisogno noi. Oggi è più bella la vita per tutto; ora si vive da signori, mentre a quell’epoca no. Noi non sentivamo la mancanza di tante cose, non conoscevamo le comodità di oggi”.