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«Il mio motto? Il secondo è il primo dei perdenti»

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Claudio Mazzaufo

Claudio Mazzaufo

Prima di diventare un preparatore, è stato per due anni atleta nelle Fiamme Gialle. E quest’anno festeggia i trent’anni di attività in qualità di tecnico  di atletica leggera. Basket e atletica, il binomio della sua vita. Nella bacheca dei ricordi più belli di Claudio Mazzaufo, figurano il doppio salto della Teramo Basket (dalla serie B2 alla serie A1) conseguito con la società guidata da Carlo Antonetti nel 2003 e la vittoria di Andrew Howe ai campionati Europei di Goteborg nel 2006. Risultati che, senza la sua determinazione e le sue capacità, forse non si sarebbero ottenuti. Ma per raccogliere l’infinito curriculum del prof Mazzaufo, ci vorrebbe un libro intero. Una breve navigazione su Internet vi leverà la curiosità. Noi abbiamo voluto scoprire l’uomo. Eccone un breve ma sincero ritratto.

Quali maestri ha avuto nello sport?

«Ho avuto un maestro per eccellenza. Si chiamava Marco Ettorre ed è venuto a mancare da poco. Lui ha visto in me, quando giocavo a calcio a Giulianova ed ero ancora un ragazzo, le potenzialità che poi mi hanno avvicinato all’atletica e me l’hanno fatta conoscere».

Quali insegnamenti le ha lasciato?

«L’insegnamento più importante è che non si possono raggiungere grandi risultati senza grande fatica. Mi diceva sempre: se vuoi essere il numero uno, se vuoi arrivare al vertice, non puoi pensare di farlo senza sacrificio e senza abnegazione. E questo mi è rimasto anche nella vita. Qualsiasi sfida io accetti, cerco di dare il massimo, di portarla avanti al meglio e con tutta la passione che riesco ad esprimere».

Si gioca per vincere, oppure in fondo no?

«Pierre de Coubertin  (fondatore dei moderni Giochi olimpici, ndr) diceva che l’importante è partecipare. Io ho un altro motto che dice che il secondo è il primo dei perdenti. Cerco quindi di non arrivare mai secondo».

Perseveranza, sì, ma quali sono le altre regole per vincere? Quali sono le sue linee guida?

«Ho sempre cercato di dare agli atleti la mia personalità e la mia voglia di fare e ho sempre cercato di esprimere tutto questo con il sorriso. Ai miei ragazzi dico: vi rendete conto? Vi pagano per giocare a basket. Oppure: vi pagano per fare atletica… E io mi sento l’uomo più fortunato del mondo perché mi pagano per fare quello che è il mio hobby. Questo entusiasmo io cerco di trasmetterlo agli altri e mi accorgo che, se diventa contagioso, può essere molto utile».

 Si può diventare campioni, secondo lei, se non si ha un talento naturale?

«Il talento è qualcosa di innato, che hai naturalmente e devi solo gestire. Ma è una rarità. Per assurdo, il talento è quello che meno si allena e più va forte. Per gli altri, invece, vale la regola che bisogna allenarsi. La differenza la fanno il carattere, la testa, la volontà, la voglia di arrivare e di vincere».

Claudio Mazzaufo nel suo "regno": il campo di atletica del quartiere Gammarana a Teramo

Claudio Mazzaufo nel suo “regno”: il campo di atletica del quartiere Gammarana a Teramo

L’atletica che stagione vive oggi?

«L’atletica ha sempre vissuto stagioni difficili perché è fatta di grandi sacrifici e di pochi riconoscimenti. E, direi purtroppo per noi italiani, l’atletica è mondiale e la fanno tutti i Paesi e le nazioni. La Giamaica ha un’ottima scuola di atletica. Così il Kenya e l’Etiopia. Saint Kitts e Nevis , che conta 216mila abitanti ed è un isolotto del Pacifico, ha espresso il campione mondiale sui 100 metri. Questo ci fa capire quanto sia difficile essere competitivi nell’atletica. L’Italia ha vissuto periodi eccezionali negli anni Ottanta mentre oggi c’è una grande crisi perché mancano i talenti».

Qual è stato il più grande campione abruzzese di atletica degli ultimi cinquant’anni?

«Giovanni Cornacchia. Protagonista di una finale olimpica, fu il primo in Italia a scendere sotto i 14 secondi netti nei 110 ostacoli. Oggi lo stadio Adriatico è intitolato a lui. Io ho avuto la fortuna di essere il suo assistente all’università, a Cassino e a L’Aquila. Prima di essere un grande campione, era un grande uomo. Era un grande anche Ciro Quaranta, il suo allenatore, soprattutto aveva un’eccezionale carica agonistica. Allenava ancora a 75-80 anni. Vederlo ancora al campo è stata una bella sensazione».

Teramo Basket, l’emozione più grande che le ha regalato?

«La bomba di Brandon Brown contro Pesaro a quattro secondi dalla fine su passaggio di Peppe Poeta. Storica, direi, non dimenticherò mai l’emozione che mi procurò in una partita importante che consideravamo persa. Venne giù il palazzetto e mi ritrovai abbracciato a Brandon senza neanche rendermene conto».

Cosa resta di quel sogno?

«Restano ricordi indimenticabili e, per quanto mi riguarda, il rapporto con un presidente, Carlo Antonetti, che è stato molto importante per la mia vita e per la mia carriera, poi il legame che c’è ancora con tanti giocatori e allenatori, come Boniciolli, Capobianco, Ramagli, Gramenzi. E tante altre persone eccezionali».

Selfie durante l'intervista

Selfie durante l’intervista

Mens sana in corpore sano, per i latini era così. Oggi vale ancora questo adagio?

«Ho fatto un dottorato sugli stati emozionali e sugli andamenti ormonali, dimostrando che si influenzano a vicenda. Non si può pensare di fare grandi risultati se non c’è una mente che risponde bene e viceversa. Per chi non fa agonismo, la regola o il consiglio è fare spesso attività motoria. È una regola sufficiente per stare molto meglio».

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 CHI È

Insegnante di scienze motorie e tecnico della Federazione italiana di atletica leggera, Claudio Mazzaufo è molto noto a Teramo per essere stato tra i protagonisti degli anni d’oro della Teramo Basket in serie A ma anche per i risultati conseguiti con la nazionale di atletica leggera, con cui ha partecipato anche alle olimpiadi di Pechino del 2008 a sostegno del saltatore Andrew Howe. Mazzaufo ha conseguito il dottorato di ricerca in “Scienze biomediche, citomorfologiche e motorie” all’università D’Annunzio di Chieti. La sua tesi, riguardante gli stati emozionali e i markers biologici nei giocatori di pallacanestro di alto livello, è stata tradotta e pubblicata anche dalla rivista internazionale “Psychology of Sport and Exercise”. Sposato con Paola, è padre di Lorenzo e Giorgia.

di Nicola Catenaro

venerdì 26 Giugno 2015 alle 12:06

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