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Condannato (ieri e oggi) per aver detto no alla guerra

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(Fonte: Corriere.it)

Nel 1983 il suo «no» alla guerra gli valse il carcere. Oggi, a distanza di trent’anni, continua a procurargli guai. È la storia di Marco R., 51 anni, teramano, testimone di Geova che, per aver rifiutato di indossare la divisa (e non aver aderito in alternativa al servizio civile sostitutivo introdotto nel 1972), finì dietro le sbarre prima a Peschiera del Garda e poi a Gaeta. Fu graziato dal Presidente della Repubblica, ma non congedato subito. In questi casi, infatti, non avendo espiato l’intera pena, l’amministrazione militare continuava a richiamare gli obiettori di coscienza. Così Marco fu esonerato e posto in congedo illimitato solo nel 1991, per effetto anche del recepimento di alcune sentenze della Corte costituzionale. Per quasi otto anni, quindi, essendo formalmente riconosciuto alla stregua di un militare, non ha potuto partecipare a concorsi pubblici, non si è potuto trasferire all’estero neanche per motivi di lavoro ed è stato escluso dal sistema sanitario nazionale.

«L’ultima beffa – racconta a Corriere.it Cesare Mazzagatta, avvocato di Marco – è arrivata dopo che, nella causa intentata contro l’Inps (difeso dagli avvocati Paolo Aquilone e Silvana Mariotti, ndr) per il riconoscimento dei contributi figurativi relativi al periodo in cui risultava arruolato nell’Esercito italiano, il tribunale di Teramo gli ha dato torto condannandolo anche a pagare le spese di giudizio per complessivi 1.650 euro più Iva e altro. Come dire che non è valso a nulla per il mio cliente l’essere rimasto incorporato nell’esercito per un così lungo periodo, con tutte le pesanti conseguenze che ne sono derivate».

Marco fu chiamato alle armi il 28 giugno 1983, a vent’anni. Il giorno dopo si presentò al Battaglione Alpini di Vicenza e, dopo essere stato immatricolato, rifiutò di indossare l’uniforme. Venne rinchiuso in camera di punizione e poi processato. Il 7 luglio la condanna del tribunale militare di Padova per rifiuto di prestare il servizio di leva e il trasferimento nello stabilimento di pena di Gaeta. Un calvario durato alcuni mesi, fino alla scarcerazione avvenuta il 22 settembre con il provvedimento di clemenza firmato da Sandro Pertini.

Nonostante non abbia mai svolto il servizio militare, Marco è risultato formalmente un militare fino al 27 febbraio 1991. Il suo status viene confermato anche nella sentenza del giudice del tribunale di Teramo, Alessandro Verrico, il quale, per spiegare la sua particolare condizione, fa riferimento alla vecchia distinzione tra i militari che nella Prima Guerra Mondiale erano impegnati in zone di guerra e quelli che restavano «a disposizione». Questi ultimi, ai fini contributivi, erano esclusi dal trattamento riservato ai primi. Il giudice, a tale proposito, riporta integralmente un articolo del regio decreto 1827 del 1935 (non più vigente ma citato nella legge italiana che ancora oggi regola la materia, la 153 del 1969), secondo cui «è computato utile agli effetti delle prestazioni per l’invalidità e per la vecchiaia il periodo di servizio militare effettivo prestato nelle forze armate italiane a decorrere dal 25 maggio 1915 fino al 1° luglio 1920». Sono esclusi tuttavia i periodi «nei quali l’assicurato, durante il servizio militare, sia stato comandato o messo a disposizione presso stabilimenti ausiliari», cioè quelli in cui non si veniva impegnati in operazioni belliche.

Marco è convinto delle proprie ragioni e non ha alcuna intenzione di arrendersi. «Faremo ricorso in appello – annuncia l’avvocato Mazzagatta – contro una sentenza che non tiene conto né dell’interpretazione che lo stesso Inps dà, in altri casi analoghi, ai periodi riconoscibili a fini contributivi né alla realtà, a tratti paradossale, in cui sono finiti quei cittadini italiani che rifiutavano il servizio militare quando l’obiezione non era rispettata».

Nicola Catenaro 

Da Corriere.it del 13 giugno 2013

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di Nicola Catenaro

giovedì 13 Giugno 2013 alle 22:11

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Un commento per 'Condannato (ieri e oggi) per aver detto no alla guerra'

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  1. VERRICO, nella sentenza la definisce norma previgente, mi fa capire, che anche Verrico sa che la norma non è vigente.

    Previgente, era vigente anticamente, oggi e decaduta tacitamente, sorpassata da altre norme o leggi.
    E anche da leggi della suprema corte di cassazione che VERRICO a fatto finta di ignorare.

    MENO MALE CHE CE LA LIBERTA DI STAMPA.

    marco

    23 Giu 2013 alle 20:20

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