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Aveva denunciato il comandante, vigilessa licenziata

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La sede del municipio a Teramo (Corriere.it)

Licenziata dopo aver denunciato il comandante della polizia municipale per violenza sessuale e mobbing. È accaduto a Teramo. La protagonista è una vigilessa con undici anni di servizio alle spalle nel corpo cittadino, a casa moglie e madre premurosa. Nell’autunno del 2012 decide di denunciare il suo superiore perché, tra le altre cose, l’avrebbe costretta a guardare un video hard nel suo ufficio (quello già in circolazione sul web che ritraeva la showgirl Belen) e avrebbe cercato di ottenere da lei un rapporto sessuale orale. Il comandante, Franco Zaina, si è sempre difeso dicendo che la vigilessa si è inventata tutto e che quel giorno addirittura non era andato al lavoro perché si era dovuto sottoporre in ospedale ad un piccolo intervento chirurgico.

Coinvolti con il comandante anche due altri agenti di polizia municipale, tutti assisiti dall’avvocato teramano Guglielmo Marconi.

L’ARCHIVIAZIONE – Le indagini della procura della Repubblica di Teramo, condotte dalla pm Laura Colica, si sono concluse lo scorso marzo con una richiesta di archiviazione. La donna si è opposta ma il gip del tribunale, Giovanni De Rensis, ha accolto la richiesta del pm. Ed è stata proprio l’archiviazione del caso a far scattare il provvedimento del Comune che, in seguito all’istruttoria della commissione disciplinare interna, ha deciso di licenziare lo scorso novembre per giusta causa la vigilessa, colpevole di aver avuto una “condotta calunniosa” e di aver “denigrato” l’immagine del corpo di polizia municipale.

LA BATTAGLIA – Come se non bastasse, la donna è stata anche indagata per calunnia. Decisa a non arrendersi, si è rivolta agli avvocati romani Serena Gasperini (già protagonista nel 2009 del caso Lorenzon di Fiumicino, come legale della famiglia della vittima ) e Daniele Fabrizi e alla criminologa Roberta Bruzzone ed ha annunciato battaglia. Ci sarebbero elementi nuovi che, secondo la loro tesi, dovrebbero consentire di riaprire il caso. «Abbiamo ricevuto l’incarico – rivelano i due legali a Corriere.it – di effettuare una serie di indagini difensive al fine di assumere informazioni ed ulteriori riscontri a quanto già emerso che, almeno fino al nostro intervento, il pubblico ministero non aveva voluto o potuto acquisire agli atti. Effettivamente fin dall’assunzione delle prime informazioni testimoniali sono emersi numerosi elementi che vanno a confermare la tesi fin dall’origine esposta dalla signora nella propria querela». Pertanto, a breve e appena ultimate le ulteriori attività di indagini necessarie, sarà chiesta la riapertura del procedimento penale «che con singolare celerità è stato archiviato».

IL FILMATO – Gli avvocati parlano di una circostanza particolarmente rilevante della quale sarebbe stata fornita «ampia conferma da parte di più di uno degli informatori sentiti». «Il procedimento – sottolinea Roberta Bruzzone – sembra essere stato prematuramente e forse anche frettolosamente archiviato. Ci sono una serie di dati oggettivi che dimostrano chiaramente che quanto riferito dalla signora è tutt’altro che infondato. C’è poi il filmato, a cui lei ha fatto riferimento, la cui presenza era effettivamente all’interno dell’ambiente informatico del comando di polizia municipale».

LA DIFESA – «Sono tranquillo e non ho niente da dichiarare – dice al telefono il comandante Zaina – io quel giorno non c’ero e il procedimento è stato archiviato. Non ho veramente nulla da aggiungere. E anche il licenziamento non è stato certo voluto né sollecitato dal sottoscritto». La decisione di mandare via la vigilessa è stata infatti adottata da una commissione disciplinare formata da tre dirigenti comunali (dei quali due erano donne) che, secondo quanto dichiarato dal sindaco Maurizio Brucchi, ha valutato oggettivamente gli atti ed ha ritenuto che ci fossero gli estremi per il licenziamento per giusta causa. «Dispiace dal punto di vista umano, certo – afferma il sindaco –, perché si tratta di un provvedimento estremo che quindi va sempre ben ponderato come credo sia stato fatto. È stato comunque stabilito da una commissione disciplinare, cioè un organo tecnico, che ha valutato le carte e ha preso una decisione».

IL RICORSO – «Noi sosteniamo altro – obietta Renzo Di Sabatino, l’avvocato che sta seguendo per conto della donna gli aspetti legati alla vicenda professionale – ed è già pronto il ricorso al giudice del lavoro. Contestiamo intanto il fatto che la signora sia stata punita per aver denunciato degli episodi, che è un diritto insopprimibile di tutti. E se poi il Comune sostiene che il licenziamento dipende dalla falsità del contenuto della denuncia, noi ribattiamo che non è possibile dire che le cose denunciate siano false, è possibile solo dire che non sono state dimostrate».

Nicola Catenaro

Da Corriere.it del 15 febbraio 2014
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di Nicola Catenaro

lunedì 17 Febbraio 2014 alle 12:01

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