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Licenziata per un panino, il giudice le dà torto

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L'interno di un supermercato (Corriere.it)

Licenziata in tronco per aver mangiato un panino preparato con prodotti prelevati dallo scaffale durante l’orario di servizio. Il giudice del lavoro ha dato ragione all’azienda e così una donna di cinquant’anni, sposata e con figli, impiegata in un supermercato di Giulianova (Teramo), ha perso per ora la speranza di riottenere il posto di lavoro che occupava da quattordici anni con mansioni di addetta alle vendite. A respingere il ricorso presentato dai suoi avvocati, Gabriele Rapali e Sigmar Frattarelli, è stato il giudice del lavoro del tribunale di Teramo, Alessandro Verrico.

 

LA VERSIONE DELLA DIFESA – In un’ordinanza di sei pagine, il magistrato addebita alla donna la «sottrazione di beni aziendali», fattispecie per la quale il contratto collettivo del commercio prevede appunto il recesso senza preavviso. I fatti si sono svolti lo scorso 8 agosto. La donna, secondo i titolari dell’azienda (che gestisce una nota catena di supermercati presenti nelle regioni del centro Italia), avrebbe preso dagli scaffali del punto vendita una confezione di salmone, una bibita dissetante e un panino e, dopo averli consumati, non li avrebbe voluti pagare. «Tutt’altro – affermano i suoi legali – anche dall’istruttoria è emerso chiaramente che la lavoratrice ha prelevato i prodotti senza nascondersi o occultarli e li ha consumati davanti a tutti, tant’è vero che è stata subito vista dai responsabili aziendali e ha gettato le confezioni nello stesso cestino del bancone dove lavorava dove tutti quindi potevano vederle e trovarle, mentre se avesse voluto occultarli li avrebbe certamente fatti sparire in altro modo».

LA VERSIONE DEL GIUDICE – Per il giudice, che dà invece per accertata «la volontà della ricorrente di nascondere gli elementi identificativi dei prodotti sottratti», a nulla varrebbe il modesto valore dei prodotti prelevati in considerazione della natura delle mansioni della lavoratrice che «implicano un contatto costante del lavoratore con la merce esposta» e «il riconoscimento da parte del datore di una particolare fiducia nei suoi confronti». Gli avvocati della donna definiscono la sanzione del licenziamento «abnorme, eccessiva e sproporzionata» rispetto a un comportamento che, dicono, «al massimo poteva condurre ad una multa o a una sospensione» e annunciano battaglia. «Stiamo già predisponendo – spiega Frattarelli – l’immediata impugnativa del provvedimento emesso dal Giudice che depositeremo nei prossimi giorni sperando che, in sede di riesame previsto dal nuovo rito Fornero, la decisione possa essere ribaltata e che la dipendente possa tornare sul proprio posto di lavoro come merita».

Nicola Catenaro

Da Corriere.it del 1 febbraio 2013 | 15:17

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di Nicola Catenaro

venerdì 01 Febbraio 2013 alle 22:55

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