Si gioca un patrimonio per sfuggire al Parkinson
Gratta e vinci, videopoker, Lotto e Superenalotto, scommesse sportive e slot machine. Mario S., pensionato romano di 72 anni, ex operatore della Rai addetto al montaggio, vedovo e affetto da morbo di Parkinson, in quattro anni ha tentato la sorte in ogni modo. Ha buttato al vento quasi centomila euro. Poi, per pagare i debiti, ha messo in vendita la casa. Ha smesso di giocare così come aveva iniziato, improvvisamente, dopo aver interrotto l’assunzione di un farmaco contro il Parkinson a base di pramipexolo. Sarebbe stato proprio il medicinale – dicono i suoi legali – a farlo diventare un giocatore d’azzardo patologico.
La disavventura ha segnato profondamente Mario. Il rapporto con la donna che amava è finito, così come la sua vita sociale a Tagliacozzo, in provincia dell’Aquila, dove si era trasferito dopo la pensione. Oggi risiede a Roma con la figlia e il genero. Ha intentato una causa contro la ditta che produce il farmaco e i medici della Asl che glielo hanno prescritto (i quali, chiamati in causa, hanno respinto ogni addebito). Da più di tre anni attende che il giudice si pronunci.
Intanto, però, le sue condizioni di salute peggiorano. Oggi, oltre ai sensi di colpa di Mario, resta il ricordo (che sa un po’ di beffa) dei suoi amici. «È sempre stato un gran risparmiatore e una persona serena, odiava addirittura i giochi d’azzardo».
Leggendo le testimonianze raccolte nell’atto di citazione dai suoi avvocati, Gianluca e Pasquale Motta di Tagliacozzo, è possibile ricostruire la “follia” di Mario, iniziata nel mese di settembre del 2004 e terminata nel mese di ottobre del 2008. In questo periodo, l’ex operatore Rai non ha avuto altro pensiero che il gioco, perdendo la fiducia di chi gli stava accanto e la propria dignità. Il gestore di un bar di Tagliacozzo, testimone nella causa, lo sorprese persino a sottrarre del denaro all’interno della macchina “spiccia” soldi, «vittima di una forza psichica che lo spingeva a giocare senza alcun freno».
Una storia dolorosa la cui origine, nei primi mesi del 2004, coincide con il responso medico che non ti aspetti: morbo di Parkinson. «Mario segue la cura e assume i farmaci prescritti – riferisce l’avvocato Gianluca Motta –. Tra questi c’è il Mirapexin, un antagonista della dopamina. Il tremore svanisce, sì, ma per far posto ad altro. Mario inizia ad avere comportamenti compulsivi ed ossessivi che lo spingono a giocare tutti i suoi averi in ogni possibile attività aleatoria per ore, ogni giorno, fino a sfinirsi in tutti i bar di Tagliacozzo e dintorni». Che ci fosse il rischio (raro ma concreto) di un comportamento compulsivo collegato all’assunzione di pramipexolo, Mario e i suoi familiari lo hanno scoperto tardi. E oggi raccontano che, se lo avessero capito, avrebbero interrotto la cura.
La Boehringer Ingelheim Italia Spa, la ditta produttrice del medicinale sotto accusa, sostiene di non avere alcuna responsabilità e precisa che nel 2004, pochi mesi dopo aver acquistato la titolarità del prodotto Mirapexin, ha volontariamente attivato la richiesta alle autorità competenti «per la modifica del foglietto illustrativo con l’informazione della possibile relazione tra l’assunzione di pramipexolo e il gioco d’azzardo compulsivo». E «nel 2005 i foglietti illustrativi sono stati modificati». Dunque, secondo la Boehringer, Mario e altri pazienti nella sua situazione, da un certo periodo in poi, avrebbe potuto ben rendersi conto del pericolo.
La storia di Mario è simile a quella di un anziano di Torino, anche lui malato di Parkinson, che ha dilapidato un patrimonio di circa 300 mila euro nei videopoker. Il farmaco che assumeva è lo stesso. E contiene lo stesso principio attivo, il pramipexolo, presente peraltro anche in altri medicinali prodotti da aziende diverse dalla Boehringer Ingelheim. Il pensionato ha querelato l’azienda e il procuratore Raffaele Guariniello ha dato il via a un’indagine che sta raccogliendo altre denunce. Le prime segnalazioni su una possibile correlazione tra l’uso del pramipexolo e il gioco d’azzardo patologico risalirebbero, secondo la ricostruzione degli inquirenti, al Duemila. Nel mese di marzo del 2005, invece, l’Unione europea ha chiesto di segnalarlo tra gli effetti collaterali.
Nicola Catenaro
Grande e completa inchiesta.Complimenti Umberto
Umberto
26 Gen 2013 alle 23:42 edit_comment_link(__('Modifica', 'sandbox'), ' ', ''); ?>