Melozzi, il compositore che chiama arte la politica
Storieabruzzesi.it incontra Enrico Melozzi, compositore pluridecorato con il pallino della politica, e aggiunge un altro ritratto alla personale galleria di personaggi abruzzesi che contribuiscono a rendere grande l’Abruzzo. Eccovi il resoconto di una chiacchierata semifilosofica.
Enrico Melozzi musicista o artista?
«Sono sicuramente un musicista. La cosa certa è che mi esprimo e vivo grazie alla musica, principalmente. Quanto all’artista, direi che è un concetto aperto. Io considero artisti persone che magari nulla hanno a che fare con l’arte intesa come arte figurativa, poesia, cinema o altre arti che definiamo classiche. Magari un muratore tecnicamente bravo è anche un grande artista, perché l’amore e l’energia che mette nel costruire un muro sono più di un semplice fatto tecnico. E sono pronto a chiamarlo artista se lo riconosco tale. Io preferisco più definirmi un artigiano in quello che faccio, lascio agli altri la scelta di definirla o meno arte».
Che rapporto hai con la tua creatività?
«Sono consapevole di avere capacità creative perché con molta facilità, da sempre, riesco ad improvvisare. L’improvvisazione è strettamente legata alla creatività, lo insegna l’esperienza dei grandi musicisti, e con la mia creatività, negli anni, ho imparato ad avere un rapporto sempre più genuino, sano, quasi complice».
Ovvero?
«Cerco di non sforzarla, la assecondo e questo mi aiuta ad accorciare i tempi fra l’espressione e l’idea che ho dentro e, soprattutto, a capire subito se un’idea è buona o da scartare. Il processo con cui compongo la mia musica è molto veloce, è una tecnica che ho sviluppato negli anni, consiste nel buttare fuori l’idea e rimetterla dentro, azzardando un paragone è un po’ come ruminare. Concepisco dentro di me la musica e ne eseguo frammenti, li riascolto, li modifico e li rieseguo, continuamente, fino a quando non sono appagato. Ma è fondamentale che tutto accada molto rapidamente. Una buona idea nasce già sviluppata, altrimenti non regge».
Le cinque cose più importanti che hai fatto negli ultimi anni?
«È difficile stilare classifiche. Sono stato impegnato in progetti molto diversi tra di loro e gli ultimi anni sono stati quasi travolgenti. Iniziando dalle ultimissime cose e risalendo indietro, non posso dimenticare le musiche per il balletto “Pinocchio” in Australia, il disco con Sarah Jane Morris, la collaborazione a Sanremo con Noemi, l’occupazione del teatro Valle a Roma con l’esperienza indimenticabile del concerto dei cento violoncelli, l’aver fondato l’etichetta Cinik Records. Infine, qui, a Teramo, la composizione e l’esecuzione della sinfonia per la riapertura del Duomo».
Le cose più importanti che invece farai nei prossimi mesi?
«Sicuramente ho intenzione di ripetere l’esperienza dei cento violoncelli, poi mi piacerebbe intensificare la mia collaborazione con il cinema».
Che rapporto esiste tra la musica e la poesia? Lo chiedo a un musicista…
«Credo sia necessario partire dalla storia. La maggior parte delle poesie, nella storia, parte dall’esigenza di musicare le parole attraverso i canti. Se pensiamo ai compositori classici, il loro esercizio consisteva nel musicare testi già esistenti. Si tratta di due forze, musica e poesia, che si sono attratte sempre vicendevolmente. Ma la poesia è un valore più alto rispetto alla singola espressione che la contiene ed è riconoscibile di per sé nella natura, al di là di strofe e rime. La poesia è nella natura e la natura contiene da prima dell’uomo anche la musica. Noi, esprimendoci, non facciamo altro che metterci in ascolto».
Sei impegnato anche nella politica. Cos’è per te la politica?
«La politica, per me, è un hobby, una passione, e la considero cosa molto legata all’arte. Nell’arte esprimiamo anche la nostra rabbia nei confronti di cose che non ci piacciono e secondo noi vanno cambiate. Una persona onesta non può tirarsi indietro se la città in cui vive non rispetta i desideri e le esigenze dei suoi concittadini. Una persona onesta ha il dovere di dire la propria quando la decisione di alcuni si riflette sulla vita di tanti altri».
Nicola Catenaro