«Siete buddisti? Niente licenza edilizia»
A Castelli, centro ceramico conosciuto in tutto il mondo, è guerra tra una piccola comunità di buddisti fedeli all’insegnamento del maestro vietnamita Thic Nhat Hanh e l’amministrazione comunale. Lo scontro ruota intorno a un progetto di ampliamento edilizio favorito dalla precedente giunta e ostacolato da quella nuova. Il sindaco, Enzo De Rosa, vorrebbe revocare la variante urbanistica con cui sono state concesse le prime autorizzazioni alla fondazione Avalokita, che rappresenta gli interessi della comunità.
Così è scoppiato un caso che alcuni non esitano a definire d’intolleranza religiosa, anche se il primo cittadino non ci sta a sedere sul banco degli imputati. «Semplicemente non ravvisiamo l’interesse pubblico», si affretta a precisare, annunciando esposti alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica contro le licenze concesse dalla precedente amministrazione.
La storia inizia due anni fa, il 30 luglio 2010, quando il consiglio comunale (il sindaco dell’epoca è Concezio Di Flavio) approva una variante al piano regolatore riguardante alcune aree in prevalenza agricole. La variante consente di realizzare «attrezzature private d’uso collettivo per attività culturali, di incontro e di scambio» ed è collegata a un accordo di programma tra Fondazione Avalokita e Comune che prevede, in una frazione di Castelli denominata Villa Rossi, la costruzione di nuovi edifici e di una sala di meditazione aperta a tutti.
La contropartita a carico della Fondazione, secondo l’accordo di programma, è di circa 80 mila euro. Tutto ok fino a quando la nuova giunta capeggiata dal sindaco De Rosa, eletto nel maggio del 2011, prende posizione ritenendo illegittima la variante. In una lettera ufficiale, spiega che le costruzioni «si inseriscono in un progetto sociale e religioso collegato alla spiritualità buddista, completamente estraneo alla cultura, alle radici e agli abitanti del Comune di Castelli». Sempre secondo De Rosa, il progetto sembra rispondere principalmente alle esigenze «di un gruppo limitato di persone non residenti e come tale non si concilia con l’interesse pubblico della comunità castellana». Risultato: l’attesa autorizzazione non arriva e la Fondazione è costretta a rivolgersi alla Provincia di Teramo per la nomina di un commissario ad acta, il quale non può far altro che avallare la richiesta visto che la variante approvata dal Consiglio è ancora in piedi. Ma il presidente della Fondazione, Stefano Carboni, è ugualmente arrabbiato.
Non ci sta ad essere additato da alcuni quasi come se fosse il capo di una setta. E così reagisce con decisione a quella che i buddisti vivono come un’ingiustizia. «Il nostro è un centro laico – queste le sue parole, riportate dal quotidiano locale Il Centro – e l’insegnamento spirituale che seguiamo è innanzitutto uno stile di vita, al quale aderiscono persone di ogni provenienza religiosa. Molti di noi, infatti, sono cattolici praticanti». Il sindaco si difende, ne fa una questione di contropartita mancante. «Non hanno versato al Comune – fa notare – gli 80 mila euro previsti dall’accordo di programma». «Abbiamo già pagato quattromila euro di oneri accessori e abbiamo proposto di versare il contributo straordinario in proporzione a ciò che riusciremo a costruire. Questa proposta è stata però rifiutata», replica Carboni, sottolineando che il percorso che ha portato all’accordo di programma «è stato condiviso con tutta la popolazione di Villa Rossi in due incontri pubblici nei quali ognuno ha potuto esprimere le proprie esigenze e possibilità».
Nicola Catenaro
Da Corriere.it del 14 gennaio 2013
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