Giro girotondo, un tuffo nei giochi del nonno
«Quando ci soffermiamo a guardare i bambini mentre giocano, ci rendiamo conto che, a volte, si divertono con passatempi semplici che ci ricordano la nostra infanzia o quella dei nostri nonni». Così scrivono Lucio Cancellieri e Maria Di Blasio Ricci, autori del libro “Giro Girotondo… com’era bello il mondo!” dato alle stampe ad aprile dopo una lunga e faticosa (ma divertente, a quanto sembra!) ricerca sugli svaghi del tempo che fu: ninna nanna, filastrocche, le pupe e le palle di pezza, rubamazzo e lo schiaffo del soldato, la campana e le belle statuine, tra scioglilingua e colorite espressioni ricorrenti.
Entrambi poeti, sensibili dunque alla luce che viene dal passato, Cancellieri e Di Blasio compiono un’indagine interessante perché ripropone, in un’ampia carrellata di ricordi, rituali e formule che hanno un che di magico, il repertorio di un mondo che ci appartiene completamente.
E questo mondo, grazie soprattutto alla pazienza e all’abilità di Cancellieri (che scopriamo fotografo d’eccezione), rivive nelle mosse di un gruppo di bimbi che hanno accettato volentieri, d’intesa con i genitori, di saltare attraverso il muro del tempo sul palcoscenico dei giochi di ieri e, quindi, di ripetere la vasta esperienza che fu dei nonni. Giochi che un tempo si costruivano in maniera artigianale e con mezzi di fortuna.
Oggi, invece, come dicono gli autori del libro, «è difficile che il bambino costruisca il suo gioco, inondato com’è dai giocattoli moderni e tecnologici che sono, sì anche belli, ma non stimolano la fantasia, la creatività e l’immaginazione». Dunque, occorre un « tuffo nella memoria» per capire che «imparare, giocando con materiali poveri, significava affinare la motricità fine e finissima delle mani, a catalogare, a contare, ad apprendere il ritmo, a classificare, a seriare, a conoscere i concetti di spazio e tempo, a maturare la propria identità».
C’è poi un ulteriore motivo, come ben spiega il critico letterario Simone Gambacorta nella prefazione al volume, che rende accattivante l’opera dei due poeti: «Queste pagine sono lo specchio dell’anima di una certa Teramo: sfogliarle significa prendere parte a un girotondo dove sentirsi a casa è più facile e forse anche più bello».
Nicola Catenaro