Praticamente inglese, anzi no… abruzzese
Nove anni trascorsi nei resort di tutto il mondo, dal 2002 al 2011, poi la decisione di trasferirsi con la futura moglie Anna a Londra, dove ha conseguito un master e per cinque anni ha lavorato come receptionist, organizzatore di eventi e addetto alle vendite e al marketing nel settore alberghiero. Il rientro in Italia nel 2017, in fuga dalla Brexit e dai costi eccessivi di una metropoli dove gli asili possono anche pesare più di tremila euro sul bilancio mensile di una famiglia con due bambini come la sua. Mattia Morelli, 39 anni, pescarese, ora lavora come consulente con il padre Giancarlo ma, nei ritagli di tempo, insegna agli altri con un podcast come parlare inglese nella vita di tutti i giorni o al lavoro.
E il successo dei suoi file audio è andato oltre le previsioni. Sono circa 60mila le persone che lo seguono costantemente, andando al lavoro o in una pausa delle attività professionali, e soprattutto che imparano da lui cosa dire nei meeting, a una festa o semplicemente scambiando due chiacchiere sul meteo con un collega.
«Quando sono tornato in Italia – dice Mattia -, mi sono reso conto che persino in alcune grandi aziende che fanno export il livello di conoscenza di inglese è basico. Le mie figlie vanno a scuola e fanno solo una o due ore a settimana di questa materia. Mi chiedo: come si fa a imparare una lingua se gli si dedica così poco tempo? Anche far ascoltare a un bimbo un cartone animato in inglese potrebbe essere un buon incentivo. Dovrebbe essere un esercizio quotidiano. È anche questo il motivo per cui mi sono inventato questo podcast che, a parte qualche secondo di pubblicità che serve per ripagarmi le spese, resta al momento un hobby».
Il podcast s’intitola «Praticamente inglese», è pubblicato su tutte le maggiori piattaforme e attualmente può contare su 15.000 download settimanali e 48.000 follower su Spotify. Numeri non da poco su questi canali. «Non sono un insegnante di inglese, non condivido con chi mi ascolta nozioni di grammatica che sinceramente annoiano anche me – continua Mattia -, semplicemente aiuto chi conosce già un po’ la lingua a migliorarla e riconoscere o assimilare contenuti che possono ritrovare nel proprio contesto professionale o in occasioni informali come ad esempio un party aziendale».
Lezioni di inglese ma anche racconti di vita. Man mano che è andato avanti (ora si trova al 58esimo episodio pubblicato), Mattia ha infatti iniziato a inserire nei vari episodi anche interviste a chi parla inglese tutti i giorni, per lavoro o per altre necessità. «Ho pescato il 90% delle persone su Clubhouse, quando questo social network è esploso – prosegue Mattia -, dallo chef che ha lavorato per tanti anni in America all’insegnante di inglese che è rientrata, dallo youtuber statunitense che vive in Italia alla ricercatrice italiana alle prese con l’educazione dei suoi figli, e a tutti ho fatto raccontare la loro storia invitandoli poi a offrire al pubblico tre consigli su come migliorare la propria conoscenza della lingua».
«In Italia l’inglese si conosce poco perché non lo si pratica tutti i giorni – conclude Mattia – e io trovo scandaloso che tutti i film che arrivano in Italia debbano essere doppiati. Lasciarli dall’inizio in lingua originale, con i sottotitoli in italiano, sarebbe stato un grande aiuto per tutti».
Nicola Catenaro