Antonio, l’ultimo custode del paesino «Questa è casa mia, non la lascio»
La piazza dove sorge la chiesa di San Michele Arcangelo è deserta. Il borgo di Castiglione della Valle, frazione di Colledara, comune teramano ai piedi del Gran Sasso con circa duemila abitanti (di cui 122 ora sfollati), risulta abbandonato dal terremoto del 6 aprile 2009. Se non fosse per Antonio Di Luigi, classe 1930, l’unico residente rimasto, così testardo da rifiutare i continui inviti del nipote Manuele Tiberii (che è anche il sindaco di Colledara) ad abbandonare la zona rossa, questo sarebbe un paese fantasma, uno dei tanti dell’Abruzzo montano.
Le feste estive sono un ricordo
Da tempo sono un ricordo le feste estive che, tra leggenda e realtà, rievocavano la persecuzione di Lucrezia Borgia e Alfonso d’Aragona i quali, nel 1499, per sfuggire al duca Valentino, avrebbero trovato rifugio proprio qui. Antonio fa la guardia al paese e alla sua storia mentre tutti scappano: «Scusi, dove dovrei andare? Questa è casa mia e, fin quando reggerà, il mio compito è sorvegliarla». Sorrisi e battute, le sue armi. «Ha gentilmente rimandato indietro anche i carabinieri», fa sapere il nipote.
Le ultime scosse: il colpo di grazia
La mattina del 30 ottobre, quella della scossa più forte, Antonio era a caccia. «Mi sono dovuto reggere al bastone per non cadere». Non si è spaventato, lui che ha visto la guerra e conosciuto «la fame nera», vissuto alluvioni e attraversato disastri. Come sette anni fa, quando il terremoto dell’Aquila, distante appena 38 chilometri, mise per la prima volta in crisi la sopravvivenza di questo paese, un gioiello medioevale un tempo conosciuto come Castrum Leonis Vallis Sicilianae o Castrum Vallem. Le ultime scosse gli hanno rifilato il colpo di grazia. E così Antonio ha visto andarsene, alcuni giorni fa, anche una coppia di inglesi che aveva acquistato una casetta a due passi da lui. Ora è completamente solo.
Emigrante in Svizzera
«Vivo a Castiglione dal 1954», racconta Antonio, «ci sono venuto dopo essermi sposato e ci tornavo sempre anche quando ero emigrante in Svizzera. Questa è la mia unica casa». L’ultimo guardiano di Castiglione ci offre un bicchiere di vino rosso, denso e genuino come le cose più autentiche di questo territorio, e racconta di quando era in Svizzera e lavorava nelle imprese edili guidando ruspe ed escavatori, del duro lavoro e degli sforzi fatti insieme alla moglie Adalgisa, scomparsa nel 1987, per crescere i due figli ora all’estero, del suo amore per la campagna che ancora coltiva facendo da sé olio e vino. «Non c’è ancora un motivo valido per fare la guardia alle case di altri, io resto qui».