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Da un pianoforte teramano la passione per la musica

un commento

Gabriele Bonolis

Teramo non è la sua città ma, in parte, è come se lo fosse. A Teramo è nato il papà Vittorio, musicista anche lui. A Teramo vivono e lavorano le sorelle. In città, per affetti e legame profondo con le proprie radici, Gabriele Bonolis torna dunque spesso. E, ogni volta, è l’occasione per inseguire il filo dei ricordi e rievocare quell’ideale pianoforte attorno al quale la scelta di fare della musica la propria vita e il proprio mestiere è stata (come fu per il genitore) un richiamo irresistibile. Violoncellista, compositore e direttore d’orchestra. Tra le sue collaborazioni spuntano nomi importanti come Ennio Morricone. Come è nata la passione per la musica? «Da un pianoforte. Sicuramente la presenza del pianoforte in casa è stata un forte richiamo».

Di chi era quel pianoforte?

«Di mio padre, anche lui musicista sin da giovanissimo. A tredici anni, quando era ancora a Teramo, la famiglia decise di investire nel suo talento e lo mandò a studiare a Roma. Qui è rimasto, anche perché nella Capitale successivamente conobbe mia madre».

Una storia che comunque ha radici qui, a Teramo.

«Sì, in via del Castello precisamente, dove c’era la casa della famiglia Bonolis. Qui mio padre Vittorio, seguito dalla sua prima maestra di pianoforte, Serafina Di Giovanni, docente dell’istituto Braga,  mostrò precocissimo il proprio talento e il premio fu poter andare a studiare al conservatorio di Santa Cecilia, dove molti anni dopo diventò docente di lettura della partitura».

Gabriele Bonolis nella sua veste di direttore d'orchestra

Il legame con la vostra città d’origine è rimasto intatto?

«Con Teramo abbiamo conservato un legame strettissimo, sia per via dei nonni che erano rimasti sia grazie alle mie due sorelle che hanno scelto di ritornare alle origini e di stabilirsi e lavorare in questa città».

Che studi ha fatto?

«Ho iniziato con il pianoforte e, subito dopo, quasi parallelamente, ho intrapreso lo studio del violoncello. Per circa cinque anni ho studiato entrambi gli strumenti fino a quando dovetti scegliere. E la scelta cadde sul violoncello. La base pianistica mi è servita e mi ha sostenuto nello studio della direzione d’orchestra».

La direzione d’orchestra quando si è inserita nel suo percorso?

«Quando venni ammesso al triennio superiore, nel 1999. Avevo appena ottenuto in conservatorio il ruolo, con la prima cattedra a Cosenza. Colsi tuttavia l’opportunità che il mio lavoro mi offriva di continuare a studiare. Ma restavo indeciso tra la composizione e la direzione d’orchestra».

Cosa orientò la sua decisione?

«Nel 2003, peraltro in Abruzzo, a Orsogna, vinsi il premio Mario Nascimbene per musiche da film e quella cosa mi aprì di fatto più strade verso la direzione d’orchestra. Costituii un’orchestra che operava soprattutto tra Orsogna e Lanciano. Facemmo parecchi concerti con le musiche di Nascimbene. L’anno dopo, al Parco della Musica, a Roma, toccammo il culmine con un intero concerto alla memoria di questo straordinario musicista. C’erano oltre milleduecento persone. Fu un successo. Io avevo curato anche gli arrangiamenti, dato che le partiture non si trovavano più ».

Gabriele Bonolis (a sinistra) con un collega e amico musicista a Teramo

Lo conosciamo troppo poco Nascimbene, secondo lei?

«Assolutamente sì. O meglio, forse lo conosciamo in maniera inconsapevole dato che le oltre 400 pellicole che lui ha musicato passano ancora oggi continuamente nella programmazione a cui assistiamo. Pochi, però, associano quei temi alla sua figura».

Lei ha scritto per il cinema?

«Sì, l’ho fatto sia come assistente sia firmando le musiche per piccole produzioni: cortometraggi o mediometraggi perlopiù. Alcuni di questi lavori, realizzati con giovani registri, hanno avuto successo. Mi viene in mente “Echoes”, ad esempio del regista Andrea La Mendola, un corto di circa quindici minuti che ha vinto il primo premio in tutti i principali festival nella sua categoria».

Non vorrei che scambiasse la mia curiosità per una provocazione… ma che differenza c’è tra dirigere un’orchestra e muoversi al ritmo della musica eseguita da un’orchestra fingendo di dirigerla?

«No, in realtà ha centrato un problema molto interessante. In una lezione fatta alcuni giorni fa all’università del Sannio, presso la facoltà di Economia, parlando agli studenti di leadership del direttore d’orchestra, motivo per il quale ero stato chiamato, ho dovuto rimarcare alcune caratteristiche che differenziano il direttore da chi, di fatto, riesce più o meno a stare a tempo seguendo l’orchestra. Come diceva Norman Lebrecht, commentatore culturale e prolifico scrittore, vincitore tra l’altro del Whitebread Award nel 2003 nonché autore di molti libri sulla musica come “Why Mahler?”, la professione di direzione d’orchestra consente anche ai più grandi impostori di assurgere a  un certo livello di attenzione anche mediatica».

Quali sono le caratteristiche di un “vero” direttore d’orchestra?

«Beh, innanzitutto deve aver seguito un percorso di studi di composizione che, nel vecchio ordinamento, durava almeno sette anni con sbarramenti piuttosto seri costituiti da prove di scrittura di brani polifonici, corali, orchestrali e clausure di diciotto, ventiquattro o trentasei ore trascorse a scrivere. Direi che questa è la conditio sine qua non. Chi non conosce la composizione, non può rendersi conto dei meccanismi complessi che regolano una partitura e, conseguentemente, non può mettere le mani su quella partitura».

E poi?

«Poi c’è la serietà della lettura. Anche una persona molto preparata, dal punto di vista compositivo e direttoriale, può commettere l’errore di stravolgere il senso di una partitura non rispettando le indicazioni dell’autore».

Bonolis dirige

C’è un’ultima caratteristica?

«La terza e ultima caratteristica è l’autorevolezza, cioè la capacità di relazionarsi con l’orchestra o i cantanti e dimostrare la propria preparazione in maniera tale che la parola del direttore sia ascoltata e, quindi, diventi una guida attraverso la quale si possa stabilire un grande feedback energetico e tirare fuori dalla partitura il meglio possibile».

Quando si abbatteranno definitivamente le barriere tra musica classica e musica cosiddetta “leggera”?

«Io spero presto. Grandi personaggi, come Leonard Bernstein, hanno provato ad abbattere gli steccati. È ovvio che parliamo sempre di musica di un certo livello. West Side Story, pur essendo considerato un musical e non un’opera lirica, quindi rientrando in un ambito più popolare, ha dei contenuti e delle valenze di grande livello».

Bernstein spaziava tra generi e interessi. Forse questo disorientò il suo genio?

«Paradossalmente, la straordinaria poliedricità è finita per diventare un po’ la condanna personale di Bernstein. Lui, infatti, è morto pensando di aver fallito. Si sbagliava, ovviamente. Ora lo stiamo riscoprendo».

A lei è capitato di sconfinare nella musica leggera?

«Alcuni anni fa ho arrangiato delle cose per Ron e fatto una piccola cosa con i Pooh, in occasione di uno spettacolo di beneficenza. Ho sperimentato anche altre situazioni con musicisti jazz e devo dire che le ho trovate molto stimolanti e interessanti. C’è tanto da imparare da loro anche per quanto riguarda l’atteggiamento verso il pubblico. Pur essendo dei grandi conoscitori di musica e pur prendendosi sul serio, i jazzisti non hanno questa aura di obbligatoria ascesi… (risate)».

La musica, senza distinzioni, significa tanto. La nostra vita senza musica…

«… non esiste, semplicemente. Non è possibile pensare un mondo senza musica. La musica è nata con l’uomo. La prima comunicazione è stata forse quella musicale».

Bonolis durante l'intervista concessa a Storieabruzzesi.it

Che cosa vorrebbe realizzare con la musica che non ha fatto già?

«Mi piacerebbe costituire un organismo musicale, orchestra o coro oppure orchestra e coro insieme, come è stato fatto in Venezuela grazie a José Antonio Abreu (fondatore di EL SISTEMA ovvero la “Fundación del Estado para el Sistema Nacional de las Orquestas Juveniles e Infantiles de Venezuela”, realtà resa nota in Italia da Claudio Abbado, ndr) per togliere manovalanza alla mafia, alla ‘ndrangheta e alla camorra. Dare ai ragazzi che hanno voglia di cambiare vita la possibilità di esprimersi non più attraverso spaccio, droga o denaro, ma su un palco e attraverso la musica».

CHI È

Come violoncellista Gabriele Bonolis si esibisce in Europa, Asia e America. Come direttore d’orchestra collabora con: Istituzione Concertistica Orchestrale di Bari, Orchestra di Roma e del Lazio, Ente Lirico di Cagliari, Ente Concerti di Sassari, La Verdi, Roma Sinfonietta, OSN RAI di Torino, ORT, Accademia Filarmonica Romana, Royal Opera House di Muscat (Oman), Festival dei 2 Mondi di Spoleto, Accademia Chigiana di Siena, Reate Festival. Lavora con musicisti quali Ennio Morricone, Mirella Freni, Bruno Bartoletti, Hans Werner Henze; vincitore del “Mario Nascimbene Awards 2003”, è titolare dal 1996 di una cattedra di Musica da Camera presso il Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento.

Nicola Catenaro

Intervista pubblicata su “La Città quotidiano” del 1° maggio 2014

di Nicola Catenaro

venerdì 02 Maggio 2014 alle 9:01

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Un commento per 'Da un pianoforte teramano la passione per la musica'

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  1. Bella storia. Riportata anche bene

    Michele Bartucci

    2 Mag 2014 alle 13:44

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