Abruzzo color petrolio? Il rischio esiste
Esiste il rischio che la regione verde d’Europa diventi terra di conquista per i “cercatori” di oro nero? Sì, stando a quanto raccontato dal docente universitario Enzo Di Salvatore in “Abruzzo color petrolio. Breve viaggio nel caos giuridico degli idrocarburi” (Palumbi Edizioni – Teramo – con prefazione di Dacia Maraini – pp. 160), un libro che, con taglio divulgativo, si propone di informare i cittadini abruzzesi su un problema che da anni, ormai, affligge la nostra regione.
Il libro sta riscuotendo interesse e consensi proprio nel momento in cui la discussione intorno al problema del petrolio, in Abruzzo, si riaccende in modo aspro: da un lato Confindustria e sindacati (Uil, Cisl, Ugl); dall’altro le associazioni ambientaliste. In mezzo, naturalmente, c’è la politica.
Chiodi afferma che, al contrario di quanto fatto dalla precedente amministrazione di centrosinistra, la sua Giunta ha tutelato (e continua a tutelare) la nostra Regione; il Pd replica, per bocca di Camillo D’Alessandro, che Chiodi “è un bugiardo”.
Della querelle torneremo a scrivere. Per ora ci occupiamo di trovare qualche risposta all’interno di questo libro, che è scritto da un giurista. E non potrebbe essere altrimenti, visto che è dedicato quasi interamente alla ricostruzione delle vicende giuridiche che, sul tema, hanno interessato la nostra Regione in questi ultimi anni.
Il libro racconta delle varie proposte di legge avanzate in Consiglio regionale: in particolare, quelle del centro-sinistra del 2008 (leggi n. 2 e n. 14, quest’ultima impugnata davanti alla Corte costituzionale e poi dichiarata illegittima), quella del centro-destra (legge n. 32 del 2009, impugnata anch’essa davanti alla Corte costituzionale) e quella presentata dal Gruppo consiliare regionale del Partito democratico (redatta dall’autore del libro nel dicembre dello scorso anno, ma non approvata dalla maggioranza presente in Consiglio regionale).
In ragione del fatto che la legge del centro-destra del 2009 è stata impugnata davanti alla Corte costituzionale, nella seduta del 2 novembre dello scorso anno il Consiglio regionale ha approvato una nuova legge, il cui testo è stato scritto in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale.
Come si spiega diffusamente nel libro, la legge n. 166/2010 non esclude affatto che in Abruzzo si possa estrarre petrolio né che possano sorgere raffinerie. La nuova legge prevede, infatti, che le attività relative agli idrocarburi siano non “vietate”, ma solo considerate “incompatibili” con le caratteristiche del territorio regionale. Come è facile intendere, è del tutto insolito che una legge si esprima in questo modo, e cioè che dica non che qualcosa sia vietato o autorizzato, bensì che non si esclude che, in via di principio, qualcosa possa essere consentito; ossia: che si possano esercitare quelle attività.
Secondo quello che dispone ora la legge, il Comitato di coordinamento regionale – VIA, nonché lo Stato e la Regione in sede di rilascio delle concessioni, dovranno valutare se una certa area del territorio regionale sia compatibile con l’esercizio delle attività concernenti gli idrocarburi. A tal fine, lo Stato e la Regione Abruzzo si esprimeranno assieme attraverso una “intesa”.
Tuttavia, se la Regione Abruzzo dovesse opporsi al rilascio della concessione, lo Stato potrà comunque rilasciare detta concessione unilateralmente (è quanto prevede ora la legge n. 122 del 2010, che ha modificato la legge n. 241 del 1990, relativamente agli “effetti del dissenso” in Conferenza di servizi).